beardDi seguito alcune righe scritte qualche mese fa, in parte già datate ma che credo possano contenere qualche utile riflessione…

Pare che per alcuni sia suonata una sorta di sveglia, e che destatisi da un bel sogno (ognuno ha quelli che si merita…) si siano trovati davanti -come si dice- alla dura realtà, la speranza tradita dei pavidi che sognavano un “mondo nuovo” partorito dal marcio delle democrazie occidentali, degli innamorati della truffa democatica e della rappresentanza, dei socialdemocratici mielosi e chi più ne ha più ne metta.

La Grecia del fantoccio Tzipras e del suo partito Syriza dopo aver promesso la alle masse speranzose sempre in cerca di facili soluzioni e messia in giacca e cravatta ha visto cadere la sua facciata di parco giochi delle politiche popolar/riformiste e mostrare il suo vero volto, che poi è sempre lo stesso da sempre, di un partito che si è barcamenato fra il populismo puro e la creazione di un immaginario da socialdemocrazia ottocentesca e che in realtà non è stato altro se non una valvola di sfogo funzionale ad allentare la pressione sociale che nel paese dei filosofi si stava conformando come possibile rivolta radicalmente antisistemica, insomma un esperimento reazionario verniciato di rosso che ha dato tempo al capitale di riorganizzarsi e prepararsi meglio contro la possibile deriva rivoltosa che i provvedimenti imposti dalla troika scateneranno verosimilmente in terra ellenica.

Qualcuno, dicevao, si è appena svegliato da un bel sonno, eppure di sveglie che avrebbero dovuto far riflettere ogni normodotato d’intelletto ce ne sono state, una su tutte -e la cito perché interessa nostri affini- la repressione antianarchica che nei mesi di governo del bell’Alexis non ha attenuato la sua violenza e che anzi ha visto la reintroduzione delle famigerate squadre delta e un rinnovato accanimento repressivo verso i rivoluzionari già detenuti; hanno avuto un bel da fare i syriziani del bel paese (complici!) a difendere l’indifendibile accusando i media di disinformazione o i critici di scarsa conoscenza delle faccende greche (come se appunto in Grecia i contatti diretti li avessero avuti solo loro o solo loro ci fossero stati…).

Sono altresì certo che questi arnesi della politica statuale non perderanno tempo a giustificare le misure attuate dal governo socialdemocratico accusando la Germania e le lobby europee di aver frustrato le speranze di un popolo e del suo governo che responsabilmente e a malincuore ha dovuto piegarsi ai dettami di FMI, troika e quant’altro. Le solite scuse insomma.

Eppure il buon Tzipras, con la sua faccia da bravo ragazzo amico dei diseredati è riuscito là dove il destrorso e rude Samaras non si era azzardato a spingersi, ovvero a proporre e far ingoiare ai greci le decisioni del capitale e delle autorità economiche mondiali.

Il “fallimento” di Tzipras però non è il fallimento della socialdemocrazia, tutt’altro, è piuttosto la realizzazione del suo ruolo occulto di valvola di sfogo della rabbia sociale, di riassorbimento delle esperienze autogestionarie, di sgonfiamento delle spinte antisistemiche il tutto soffocato sotto la coltre dell”illusione interessata del “buon governo” e della “partecipazione popolare”. Insomma la socialdemocrazia, così come il populismo democratico (leggasi M5S per restare in Italia) non sono altro che strumenti più o meno inconsapevoli(?) della reazione e del capitale e l’affaire greco ne è la dimostrazione palese.

In questi mesi di ventilato default e di crisi reale nel paese ellenico si sono avute numerose esperienze di autogestione ed autorganizzazione, dalle scuole agli ospedali, dai servizi alle occupazioni di case nelle quali parte della popolazione greca ha sperimentato -spesso con tutte le contraddizioni dettate da contingenza ed eterogeneità delle esperienze- pratiche che più o meno consapevolmente mettevano in discussione le forme classiche della gestione del quotidiano: la delega, la gerarchia, l’istituzione in genere. In tutto ciò la forte presenza anarchica in certi quartieri ha avuto un ruolo determinante nella creazione di un orizzonte di possibilità che si svincolasse dall’assistenzialismo statuale, ma come si sa l’abitudine è dura a morire e su questo come sempre ha puntato la reazione: la scarsa per non dire nulla propensione del cittadino a rapportarsi con la possibilità dell’autogestione in luogo dell’assistenzialismo statalista e la sua incapacità a giocare di fantasia pensando con convinzione che un’alternativa all’autoritarismo sia davvero possibile e praticabile.

In tutto ciò la reazione aveva bisogno di uno strumento che servisse da un lato per utilizzare a suo pro queste esperienze fin tanto che ce ne fosse stato bisogno creando quasi un welfare di piazza che scaricasse dalle spalle dello stato il peso dell’organizzazione e della gestione dei servizi minimi, dall’altro per svuotarle di senso e della spinta antisistema riportando questi esperimenti sociali all’interno dell’alveo istituzionale attraverso una sorta di riconoscimento da parte del potere.

La risposta a quest’esigenza reazionaria è stata la socialdemocrazia, che con il suo non rompere sostanzialmente e radicalmente con gli strumenti del dominio ma con il suo volere -a parole ovviamente- semplicemente virarli e riformarli in una direzione più apparentemente popolare e partecipata, sarebbe nominalmente riuscita a salvare capre e cavoli ma in realtà non avrebbe fatto che rafforzare la pervasività del concetto di autorità ancor più che sui corpi nelle menti dell’elettore (razza sempre da temere…) che avrebbe comunque continuato a vedere nello stato e nell’autorità gli unici depositari delle proprie possibilità di benessere…e così è stato, tanto più che ciò che non è riuscito a Samaras ha potuto il buon Alexis, con buona pace dei creduloni…Un annetto e mezzo fa circa mi trovavo a scrivere, a proposito dell’elezione di Tzipras:

Come detto la lista è in sé furbescamente reazionaria. Per l’ennesima volta si legittimano lo stato, la gerarchia, lo sfruttamento e la delega, richiamandosi ad un Welfare più umano ma che comunque rimane di stampo corporativista di armonizzazione fra capitale e lavoro che evidentemente non ha stufato ancora chi lo sfruttamento subisce…e sia, continuate a sperare e disilludervi. Magia delle “lotte intermedie” che in realtà non fanno che ridare respiro al riassetto del capitale e della gerarchia. Si parla genericamente di redistribuzione della ricchezza, si strizza l’occhio ai movimenti anti euro (come se il vero nemico fosse quest’ultimo e non l’organizzazione sociale basata sullo sfruttamento) ma non si mette in sostanza in discussione la serie di dispositivi politici e di controllo della società che dividono quest’ultima in sfruttatori (pochi) e sfruttati. La reazione sventola la bandiera della socità civile…”

Non mi ritengo particolarmente bravo come chiromante ma il risultato di questo governo popolare era chiaro già nelle premesse, solo chi non ha voluto vedere non ha visto a sua volta, cerca di giustificare e giustificarsi, come quegli Tziprassiani della prima ora che con una faccia di bronzo che farebbe invidia al più vecchio e scafato arnese della politica italiota hanno già cominciato a non parlare più di Syriza ma di popolo greco, rivendicandone la fierezza, che però solo qualche settimana fa riconoscevano al partito ed al suo leader ma si sa, queste sono le miserie dei politicanti ed è normale che abbandonino la barca quando affonda, la faccia è da salvare!

In tutto ciò non ci rimane che ribadire che svincolarsi da gerarchia e autorità con ogni mezzo sia l’unica possibilità che ci si pone innanzi, lo vedono bene alcuni compagni non solo in Grecia, ma anche in Belgio, in sud America, in Spagna, finanche in Italia; ma questa lotta, le nostre istanze vanno portate avanti senza ambiguità e con tutta la radicalità di cui siamo capaci lasciando da parte la paura di non essere compresi e l’odioso pedagogismo da preti che ha portato e porta alcuni “anarchici” a camminare fianco a fianco e a collaborare con gli autoritari più impenitenti, populisti democratici, infami e delatori, tziprassiani ora pentiti e chi più ne ha più ne metta, ma questa è un’altra storia, forse…

M.