«Andiamo- individuali, senza la Fede che salva e che acceca. Il nostro disgusto per la Società non genera in noi convinzioni immutabili. Ci battiamo per la gioia delle battaglie e senza il sogno di un futuro migliore. Cosa ci importa dei domani che non giungeranno che tra alcuni secoli! Che ci importa dei pronipoti! E’ al di fuori di tutte le leggi, di tutte le regole, di tutte le teorie- anche anarchiche- è sin dall’istante, sin dall’ora, che vogliamo lasciarci andare alle nostre pietà , alle nostre passioni, alle nostre dolcezze, alle nostre rabbie, ai nostri istinti- con l’orgoglio di essere noi stessi». [“Nous” (Noi), in: L’en dehors, 1891].
Letture: Zo d’Axa, Andiamo individuali…
Letture: Georges Henein – In mancanza di meglio…
Comincio oggi la pubblicazione di alcuni scritti di Henein; pur apprezzando molto i testi del pensatore egiziano questi ultimi saranno scelti in base a criteri molto precisi.
Gli scritti saranno utilizzati per fornire spunti di riflessione sulla situazione attuale dell’anarchismo italiano che sta affogando nella politica più gretta appesantito dal fardello del cittadinismo e strozzato dall’avvizzimento etico perorato da un buon numero di dirigenti del partito dell’insurrezione popolare, o come magari preferiscono loro dell’insurrezione che viene.
Il primo testo in esame si intitola “in mancanza di meglio”. contenuto è talmente chiaro da non avere bisogno di troppi commenti, e se sostituiamo ad esempio al concetto di “guerra” quello di “insurrezione popolare” il gioco è presto fatto…buona lettura.
Quando ci si interroga sulle ragioni che tendono a convenire una-guerra “giusta” in una guerra ordinaria, in una guerra tout court, e più in generale quando ci si interroga sulle ragioni che sottraggono alle masse il controllo sulle cause elevate cui esse si dedicano, presto ci si trova imprigionati in un circuito allucinante. Da un lato, in effetti, l’ampiezza e la concentrazione della vita economica moderna hanno fatto di ogni partito, di ogni sindacato, di ogni amministrazione degli organismi quasi totalitari che vanno per la propria strada abbandonandosi completamente al proprio peso specifico e senza minimamente tenere conto delle cellule individuali che li compongono. Questi partiti, questi sindacati, queste amministrazioni statali moderne sono protetti contro le mosse della ragione critica (come pure contro i sussulti affettivi e le ribellioni del cuore) dalla loro sola e sovrana pesantezza. Questi edifici sconcertanti funzionano in grazia di una umanità tutta speciale, una umanità di iniziati. Per essere ammessi a presentare una mozione al termine di un congresso di un partito di sinistra che tolleri qualche scambio di opinioni, occorre un anno di manovre estremamente delicate attraverso un dedalo di segretariati e di comitati che ricordano, al punto da trarre in inganno, i misteri dell’inaccessibile Tribunale in cui Kafka – ne I! processo – lascia tremolare l’immagine indefinitamente riflessa della nostra angoscia. E se queste prove iniziatiche sono favorevolmente superate, se nessun passo falso è giunto a inibire la presentazione della mozione, allora indubbiamente il suo oggetto si sarà sufficientemente diluito per suscitare oramai soltanto un interesse retrospettivo e quasi pietà per chi si azzardasse a darle il proprio sostegno.
Letture: Oreste Ristori – Le corbellerie del collettivismo
Congegni: “Miserie, macerie di Torino”
Dicembre è mese di regali e bilanci, e se il dodicesimo mese dell’anno 2014 ci portò in regalo una bella delazione da parte degli autonomi torinesi, seguita dal balbettio di buona parte del “movimento” anarchico, “solo” un anno dopo e dopo esser saltati dai binari alle tortuose stradine di montagna, alcuni sindacalisti della rivolta ci offrono un notevole bilancio utile per tutti i palati avvezzi all’ingollo compulsivo di tutto ed il contrario di tutto.