Di seguito il comunicato della biblioteca Anarchica La Discordia di Parigi scritto a seguito dell’ennesimo attacco perpetrato verso ai suoi locali. Pur non condividendo totalmente alcuni punti di vista espressi nello scritto esprimo tutta la mia solidarità agli animatori della biblioteca, sia per la stima che mi lega ad alcuni di loro, sia perché so bene che l’iconoclastia di pensiero non è mai digerita dagli autoritari del pensar unico, si tratti di sinistri politicanti, o di anarchici portatori esclusivi della fiaccola della verità. Certo non saranno scritte o martellate a farci desistere dal pensare ed agire come la nostra testa ci suggerisce, con buona pace dei fasciomovimentisti lontani e vicini…
M. Parassita da tastiera
“Non vogliamo recuperare nessuno. Ma vogliamo camminare sempre, notte e giorno, in compagnia dell’uomo, di tutti gli uomini. Si tratta di non stiracchiare troppo la carovana, perché altrimenti ogni rango percepisce appena quello che lo precede e gli uomini che non si riconoscono più si incontrano sempre meno, si parlano sempre meno.”
Frantz Fanon, I dannati della terra.


Nella notte del 21 aprile 2016, tutti i vetri della Discordia sono stati distrutti a colpi di martello. A fianco é stata fatta una scritta: “razzista”.

È la terza volta che i nostri locali ricevono questo genere di visite notturne:

La Discordia : «Tags» sulla biblioteca anarchica La Discordia
La Discordia : Scarabocchio ha scarabocchiato – bis repetita placent

Questa volta ancora, si tratta di prendersela con La Discordia perché essa ha espresso pubblicamente un rifiuto rivoluzionario non negoziabile dei ricatti politici della religione e del razzialismo, che pesano sull’estrema sinistra a partire dagli attentati del 2015 a Parigi. Si tratta di vietare un discorso, di arrogarsi il potere di decidere chi può parlare e quello che deve essere detto. Nell’insieme, si tratta di giochi di potere mafiosi per imporre un’egemonia politica su un movimento in declino, con le armi sempre morali della colpevolezza e del risentimento. E se fin qua tutti avevano già più o meno espresso il proprio sostegno di fronte ai due “attacchi” precedenti, ma in modo più o meno informale, è alla solidarietà che chiamiamo oggi. Una solidarietà pubblica e visibile, nella quale ciascuno potrà mettere di ciò che è, piuttosto che accodarsi tutti dietro la stessa bandiera, come fanno i nostri attuali nemici. Non chiediamo quindi a nessuno di accodarsi dietro alla Discordia o le sue prospettive anarchiche particolari, ma piuttosto di allargare la questione, esprimere il fatto che questo rifiuto non appartiene solo a qualcuno, ma a tutti i rivoluzionari, che è costitutivo di ogni pensiero emancipatore.

Perché questi attacchi? Perché la Discordia è uno dei soli luoghi pubblici del movimento dove vengono espresse e dibattute pubblicamente delle posizioni anti-religiose e di un antirazzismo coerente (cioè contro ogni idea di “razza”, anche se arriva da sinistra) e senza condiscendenza con quelli che hanno fatto proprio della condiscendenza un rapporto totale alla politica, i nuovi demagoghi. La grossa partecipazione ai dibattiti che trattano di questi temi, così come le numerose discussioni con dei compagni più o meno vicini, ci dicono che c’è una percezione diffusa che qualcosa di pernicioso sta prendendo piede all’interno dell’area “radicale” francese. Vi si incontrano dei difensori della religione e della fede, vi si vedono delle forme di separazione su criteri biologici e genetici che nessuno ha scelto… Cose che i dizionari chiamano, senza timidezza, segregazione. Ma vi si vede anche, sempre più, dei compagni che si accorgono di questi pericoli e prendono posizione. Purtroppo, troppo poche sono le prese di posizione pubbliche. Questo permette ad alcuni illuminati nati ieri, che si credono l’avanguardia di qualche corrente identitaria pseudo-sovversiva, di pensare, cosa strana, che La Discordia è la sola a criticare l’idea di “razza” e a portare il rifiuto della religione. Per dirla tutta : se la prendono con noi anche a causa del silenzio di troppi altri su questi temi.

Perché questo succede in questo momento preciso, mentre siamo tutti concentrati su altro, su quello che succede in piazza (e non solo) [riferimento al movimento sociale contro la “Legge lavoro”; NdT]? Evidentemente perché, per quelli che portano l’idea di “razza” e l’amore per la religione, esse sono più importanti del conflitto contro lo Stato ed il Capitale. Ancora una volta, nessun altro segno di attacco è stato visto nel quartiere quella notte, né banche, né chiese, né sedi di partiti politici, solo una biblioteca anarchica.

Come abbiamo già sottolineato, è a causa della debolezza del rapporto di forze che i rivoluzionari si ritrovano ad attaccare il nemico con dei mezzi come quelli impiegati contro La Discordia. Perché nello scontro diretto con lo Stato, nessuno può vincere (a meno di diventare lui stesso uno Stato o uno Stato in potenza). Usare delle pratiche “asimmetriche” contro una biblioteca anarchica che funziona in maniera autonoma è proprio la più imbecille e vigliacca delle pratiche. Ricordiamo anche che i rivoluzionari, quando non sono d’accordo, prendono delle strade diverse, oppure si spiegano e/o si criticano, non si mettono la cacca nella cassetta delle lettere in modo anonimo. Ma nell’attuale decomposizione dei movimenti “radicali”, nulla stupisce più. Le persone che fanno vivere La Discordia sono presenti nelle lotte sociali, le assemblee, i momenti collettivi e non hanno mai nascosto le loro idee, al contrario. Nessuna opposizione è mai stato fatta loro. Nessun testo, nessuna accusa, nemmeno un insulto con un viso ed un corpo per assumerli. Questa accusa grave di razzismo, che per la terza volta si esprime su dei muri e da un po’ attraverso dei commenti anonimi nel mondo virtuale, non è mai stata assunta nella vita vera da alcun individuo, gruppo o collettivo, né attraverso la parola, né attraverso lo scritto. La brutalità esercitata contro i nostri locali non è quindi altro che il segno di una debolezza e di una vigliaccheria patenti e di un mancanza totale di capacità di argomentare.

Eppure l’onestà è la distanza più corta fra due individui.

Ma come si può difendere l’idea di razza o di dio davanti a degli antiautoritari, degli autonomi, dei comunisti, degli anarchici che, da secoli si danno da fare per liberare sé stessi ed il mondo da questi gioghi? O davanti ad ogni altra corrente di pensiero fondata sulla critica di dio, dello Stato e delle identità immaginarie. Da Marx e Bakunin a Malatesta o Fanon.

Si tratta, per queste patologie politiche a due gambe, di sradicare questo patrimonio rivoluzionario che non conoscono, che li disturba profondamente e che associano a torto alla cosiddetta “razza bianca” (a cui apparterrebbero, nella loro immensa maggioranza, se questa esistesse davvero). Allora, per opporsi a questo patrimonio, devono mobilizzare l’islamismo politico, le associazioni comunitarie ed identitarie che sopravvivono grazie alle flebo statali, le filiere di carriere universitarie ed altre forme della reazione borghese e/o conservatrice. Si tratta, per loro, di rifiutare in blocco tutto quello che assomiglia, da vicino o da lontano, ad un’ipotesi universalista che rimetterebbe in dubbio le piccole identità in kit prefabbricati, dietro le quali dovremmo abolire ogni singolarità ed ogni alterità. Anche se ciò significa organizzarsi con dei partigiani della defunta “Manif pour tous” [movimento di estrema destra e cattolico ultraconservatore che si è opposto, fra fine 2012 e prima metà del 2013, alla legge che permette agli omosessuali di sposarsi; NdT]. La responsabilità collettiva è l’arma preferita dell’estrema destra e dei razzisti, ma bisognerebbe già interessarsi alle proprie “idee” per rendersene conto. Perché le logiche identitarie e particolariste non portano ad altro che alla separazione degli sfruttati.

Non mettiamo in dubbio la sincerità di questi cretini che si dicono ”antirazzisti”, così come non mettiamo in dubbio la sincerità dei loro falsi nemici che, con le stesse parole, gli stessi metodi, gli stessi concetti e le stesse aspirazioni cercano di raggiungere gli stessi fini : la divisione, la frantumazione delle solidarietà fra degli sfruttati che essi si sforzano di delimitare, distinguere, dividere e compartimentare in frontiere strette, fisiche o mentali, affinché gli sfruttati non si incontrino mai, oppure, nel caso contrario, affinché esse li separino. Nell’interesse, sempre, del potere.

Cambiando qualche parola-chiave ci accorgiamo facilmente che i discorsi ed i valori di questa estrema sinistra del Capitale che non fa altro che cercare di racimolare qualche briciola, sono gli stessi dell’estrema destra, sono costruiti sulla stessa mancanza di immaginario emancipatore, mirano tutti, specialmente attraverso la religione, l’etno-differenzialismo, l’omofobia ed il virilismo, all’irreggimentazione normativa e prescrittiva dell’identità e della comunità. È lo Zarathustra di Nietzsche che consigliava : ”Vuoi una vita facile? Resta sempre vicino al gregge, e dimenticati in lui”.

Spaccare i vetri di una biblioteca anarchica come un bambino rompe un cubo di Rubik che non riesce a risolvere, per incostanza, per mancanza d’intelligenza e di maturità, e nel caso specifico si potrebbe parlare di leggera deficienza, è certamente l’azione più gloriosa dell’anno, non si sono nemmeno presi la briga di rivendicarla, quindi di spiegarla, argomentarla, assumerla politicamente. Preferiscono spazzolare i fondi delle pattumiere. Oggi, gli scemi del villaggio alternativo hanno ancora “colpito”. La loro vigliaccheria è uguale solo alla loro impotenza cronica a sviluppare la minima analisi seria per combattere le prospettive di rivoluzione internazionalista che temono, agitandosi rumorosamente. La vigliaccheria di non saper difendere le proprie idee davanti a dei visi che possono rispondere, piuttosto che davanti a dei vetri, che costeranno centinaia di euro ad alcuni poveri che hanno sempre messo la lotta davanti alla sussistenza. Era questo lo scopo? Attaccare al portafoglio un progetto anarchico? Succhiare centinaia di euro a dei disoccupati o persone che usufruiscono dell’RSA [sussidio minimo per le persone che non hanno lavoro né sussidi di disoccupazione; NdT], che sono già al centro dell’obiettivo della repressione? I nostri nemici comuni sono felici dei vostri slanci e voi confermate che, a volte, i nemici dei nostri nemici sono anch’essi nostri nemici (in effetti, cosa dei rivoluzionari avrebbero ancora in comune con dei filo-religiosi che pensano che l’umanità si divide in “razze”?).

In quanto rivoluzionari, non pensiamo che la violenza sia un’arma che si sostituisce alla critica e parola, ma che le accompagna abilmente, con una idea chiara di chi sono i nemici e di quali rapporti sociali essi difendono. Degli individui che identificano i propri nemici in questo modo e pensano, nel pieno di un movimento sociale che non smette di cominciare, mentre numerosi compagni passano davanti ai giudici, che è urgente accanirsi sui vetri della Discordia, sono, a minima, nemici assoluti dell’intelligenza. L’attacco non deve essere impiegato per riempire la vacuità teorica di qualche hooligan che conosce soltanto le funzioni rettili del proprio cervello.

E adesso che il piccolo re è nudo, tutti possono apprezzare lo spettacolo razzialista e filo-religioso in tutta la sua superbia, la politica del martello per coprire la debolezza e il brio già sparito di questa moda identitaria, passeggera e già in declino. Sarebbe l’ora di riflettere a questa moda identitaria nei nostri movimenti, cosa l’ha resa possibile e come? A quelle e quelli che, decostruiti fra i decostruiti, si sforzano di ripetere “check your privileges” rispondiamo “check your responsabilities”. Allo stesso modo, per quelle e quelli che sui “social media” hanno parlato di spaccarci la faccia, di attaccare la Discordia a colpi di Molotov e altre fanfaronate virtuali, un lavoro è in corso, per far pagare dei conti salati e dare tutta la loro conseguenza alle parole che fin qui passano attraverso degli schermi tranquillizzanti.

La sicurezza delle persone che, sempre più numerose, vengono ai dibattiti e alle permanenze della Discordia sarà ovviamente assicurata. Ogni sostegno materiale e fisico è benvenuto, e teniamo a ringraziare tutti i compagni, anarchici o no, che ci hanno già offerto il loro sostegno, sotto diverse forme (sempre apprezzate), da Parigi ai quattro angoli del mondo, a partire dai nostri vicini.

Ma quello a cui chiamiamo oggi è soprattutto la solidarietà nell’elaborazione teorica, il fondo della questione. Il progetto rivoluzionario che noi, insieme a numerosi altri, portiamo ha bisogno di prese di posizione chiare e forti, a volte scomode, a volte di rottura e spesso minoritarie.

Che ciascuno e ciascuna, quindi, alla maniera che gli sembra più appropriata, si attacchi alle idee di razze e di dio ovunque esse si trovino; per parafrasare Joseph Déjaque “con il braccio ed il cuore, con la parola e la penna, con il pugnale ed il fucile, con l’ironia e l’imprecazione, con il saccheggio e l’adulterazione, con l’avvelenamento e l’incendio”. Ricordiamoci che un attacco contro dei rivoluzionari a causa del fatto che sono rivoluzionari è un attacco contro tutti i rivoluzionari.

Per quanto ci riguarda, non siamo di quelli che si arrendono.
Né dio né padrone, né razza né profeta.

Non si fa la controrivoluzione spaccando dei vetri. I discordisti.

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