Potrei convincermi che tutte le centrali nucleari siano affidabili. Ma non voglio. Ho ancora in mente Hiroshima, Nagasaki, Chernobyl, Fukushima… Quando la terra si contamina per sempre, i soliti personaggi al potere ci dicono che non c’è più niente da fare.
Potrei considerare le guerre come qualcosa di necessario per battere nemici che sembrano invincibili. Ma non voglio. Tutte le morti provocate dai conflitti fra gli Stati hanno solo potenziato il loro dominio sugli individui attraverso genocidi, massacri e carestie.
Potrei rimuginare sulla libertà di scelta. Ma non voglio. Nel mondo del progresso per i ricchi e del regresso per i poveri, quella che viene chiamata libertà di scegliere mi sembra più corretto chiamarla libertà di consumare quanto più è possibile.
Potrei dire che abbiamo tutte le stesse possibilità. Ma non voglio. In questo mondo di stupri, discriminazioni sessuali, binarismi di genere imposti, controlli sul possesso dei documenti necessari, nelle cui strade la polizia ti assassina se sei indesiderabile, le cui acque diventano specchi di una morte silenziata, l’unica possibilità che ci rimane è quella di essere tutti stranieri del mondo, sapendo di agire in territorio nemico.
Potrei voltarmi dall’altra parte quando la terra viene devastata. Ma non voglio. Quando affondano petroliere in un mare già contaminato da rifiuti radioattivi, diventa chiaro come l’irreparabile della miseria esistenziale sia la scelta di chi comanda e di chi serve questo mondo.
Potrei meditare sul fatto che l’ingegneria genetica possa migliorare ciò che chiamiamo esistenza. Ma non voglio. Perché produce umani conformi al modello fissato e quest’ultimo non mi sembra che possa essere accomunato all’incanto del vivere.
Potrei supporre che la medicina che combacia con ansiolitici, tranquillanti e vaccini possa azzerare alcune patologie. Ma non voglio. Le camicie di forza della medicalizzazione sono da sempre una risposta dell’ordine per fermare e debellare il caos delle passioni.
Potrei fantasticare che alla fine il cibo artificiale porrà fine alla fame nel mondo. Ma non voglio. OGM e spazzatura analoga hanno l’unico fine di incrementare la produzione e i privilegi dei soliti noti e dei nuovi cannibali. E chi invoca sviluppo economico sta evocando sempre più schiavitù per la maggior parte degli individui.
Potrei assentire sulla necessità di enormi livelli di energia e infrastrutture industriali per vivere. Ma non voglio. Tutti questi cavi, fili, scatole magiche servono la Mega-macchina del dominio, non una vita degna di essere esplorata in tutte le sue possibilità, anche quelle che appaiono impossibili.
Potrei scervellarmi sull’opinione che la tecnologia ci renda la vita meno greve. Ma non voglio. Non si può non considerare l’industria tecnologica come un’enorme industria poliziesca. E di solito la polizia difende chi comanda per paura che quelli del mondo di sotto si possano ribellare e sabotare la propria esistenza in quanto sfruttati.
Potrei non badare più alle infinite telecamere che spiano la vita di chiunque, poste dappertutto. Ma non voglio. Tra sicurezza e libertà non ho dubbi. Al deserto dei tartari preferisco un’avventura in cui lo stupore mi accompagni per sempre.
Potrei pensare che forse qualche forma di Stato sia neutrale. Ma non voglio. La voglia di libertà è più forte di qualunque totalitarismo, anche democratico. Le democrazie hanno i loro gulag e i loro campi di concentramento.
Potrei fidarmi di scienziati, politici, tecnici, amministratori, urbanisti, controllori, ricercatori, preti e professori. Ma non voglio. Dove la libertà diventa costrizione, dettata da un’autorizzazione o da una siringa in un braccio, come posso avere fiducia? Come posso accettare ordini e decreti emanati da chi il danno lo ha creato affermando che la catastrofe sia una trovata cospiratrice?
Potrei speculare sulla fiducia in questo mondo. Ma non voglio. Soprattutto adesso che, per l’ennesima volta, ho scelto di non stare sull’attenti — decidendo che sul mio corpo decido io, mi hanno anche tolto la possibilità di sopravvivere, sospendendomi dalla prostituzione pudicamente chiamata lavoro, dove in ambito socio-sanitario per prostituirsi serve il vaccino per lorsignori. E mi sembra che a cascata questo ennesimo obbligo sarà imposto a tutti quelli che avranno a che fare con lo sfamarsi..
Potrei persuadermi che la servitù sia tutt’al più un ricatto e non una scelta accomodante. Ma non voglio. Ci intromettiamo nella vita degli altri? Eppure esistono luoghi inesprimibili in cui la disperazione e il dolore scaturiti dalla sofferenza dell’incapacità della propria prospettiva sediziosa si possono rovesciare nella determinazione di essere se stesse, senza indugi, fondando su pensiero e azione la bellezza della rivolta.
Potrei lasciarmi sopraffare dai mille compromessi che impattano sulla mia vita. Ma non voglio. Odio infinitamente perché continuo ad amare senza riserve.
Potrei arrendermi e dire: hanno vinto. Ma non voglio. Preferisco la fantasia etica dei miei desideri. La realtà che ci sfrutta non va sacrificata in nome di niente. Essa ci lancia una sfida, sotto la continua minaccia di un ricatto: il rischio non risiede nel vincerla o nell’essere vinti da essa, ma nel sacrilegio di non darla vinta a nessuno. Se certe gabbie non hanno sbarre, ci sono muri invalicabili che però si può pensare di distruggere agendo di conseguenza: per non separare più ciò che desideriamo da ciò che non vogliamo. Nel mondo del virus è la libertà che dovrebbe essere contagiosa, non la sottomissione.
UN DISERTORE DI QUESTO MONDO
Cremona, Agosto 2021