La stampa ha aperto una nuova rubrica. Accanto a quelle degli Incendi, degli Assassinii, dello Sport e dei Teatri, sorge terrificante: Il Colera.

La tragica avanzata dell’epidemia è seguita passo passo e i cadaveri che essa semina sulla sua strada sono ansiosamente contati. La paura ne fa moltiplicare il numero in modo fantasmagorico, allorché la prudenza ne fa nascondere il quantitativo, con un calcolo ridicolo.

Tutti i giorni, vi sono centinaia di morti.

Da Manila a Pietroburgo, attraverso l’Asia intera, la Cina e la Siberia, il flagello entra nel cuore dell’Europa. Traverserà le acque del Pacifico, guadagnando quelle dell’Atlantico, disdegnando di percorrere lo stretto sentiero di Panama per prendere la grande strada delle terre, allo scopo di ammucchiare cadaveri su cadaveri? Nessuno lo sa.

Tutti i giorni vi sono centinaia di morti. Cos’è questo se non l’olocausto pagato al mostro per soddisfare la sua fame di morte, la sua sete di vendetta? Ma questo lavoro di necrofilo non interromperà la sua marcia. Esso va, va…

Il colera avanza.

Allora, coloro che sono felici, coloro che per assicurarsi la loro felicità giocano con la vita degli altri, coloro per cui la sofferenza degli altri, i mali degli altri non contano, costoro sono presi dalla paura.

Davanti ai soliti disastri, l’epidemia ordinaria, il ricco fugge lasciando la città attaccata in preda al flagello. Ma il colera avanza, avanza sempre e, se va lentamente, procede sicuro. Fuggire davanti ad esso, non è che ritardare l’istante in cui vi prenderà allo stomaco, per portarvi alla morte.

E dove scappare, d’altronde? Se esso è dietro di noi, verso Pietroburgo, non è anche davanti a noi, verso Manila? E se non gli costa niente attraversare gli immensi deserti di terra del Gobi e della Siberia, che gli costerà superare gli immensi deserti di mare del Pacifico?

Il colera avanza… bisogna dunque arrestarlo.

Uno strano desiderio di solidarietà nasce da questa paura e da questo bisogno. Gli uomini sentono infine che sono uomini, e che non vi è ricco e povero di fronte a questo nemico del genere umano, di fronte al colera.

L’indifferenza del ricco si fonde, davanti alla prova comune, con la debolezza del povero.

I fortunati si accorgono d’un tratto che vi sono dei disgraziati che vivono dei resti della loro tavola, delle briciole della loro felicità. Si accorgono che accanto ai loro palazzi, alle loro ville, alle loro confortevoli dimore, vi sono dei tuguri, delle capanne, delle caserme, in cui si intasa il resto dell’umanità. Si accorgono che il loro lusso è pagato dalla miseria altrui.

Essi hanno paura… e capiscono, di colpo, che una solidarietà li lega agli altri uomini, che sono qualcosa solo per essi, e che lo stesso male che uccide il povero ucciderà anche loro senza pietà…

E il ricco preoccupato sente il suo cuore aprirsi alla pietà, sanguinare alla vista del dolore del povero.

I giornali ci dicono che a San Pietroburgo “è stata aperta una sottoscrizione nazionale, e i crediti che permetterà di realizzare saranno impiegati per dare ai poveri della città un nutrimento più sano e dell’acqua bollita”.

Amara ironia… Il ricco che non ha saputo consacrare qualche istante della sua vita per preservarsi, si sente minacciato nella sua stessa vita se non partecipa alla difesa contro il male che prende tutti.

La solidarietà lega gli uomini attraverso le frontiere della fortuna, le demarcazioni delle patrie, gli odi delle razze. E quel patriota che ride della fame in Indocina, quel cattolico romano che gioisce delle persecuzioni che si abbattono sulle razze semitiche, quel ricco indifferente al male della fame e del freddo che distrugge il suo vicino, tutti sono obbligati a riconoscersi solidali con coloro il cui dolore non li interessava.

La fame ha portato gli Indiani a gettarsi su innominabili rifiuti e il colera li ha presi; i Semiti, scacciati dalla persecuzione, hanno trasportato il male e i Poveri, al di fuori di tutte le leggi dell’igiene, sono stati, rapidamente, il terreno di coltura che ha permesso al male di espandersi in pieno nelle città civilizzate.

Questa solidarietà mostra tutta la debolezza, tutta la menzogna dell’attuale società; di questa organizzazione in cui si pensa di potersi occupare solamente del benessere di una minoranza, senza pensare che anche al di fuori dei processi rivoluzionari, le leggi di affinità rendono comuni, un giorno o l’altro, i mali che colpiscono la maggioranza.

E tuttavia, trovo che il tributo pagato dall’umanità sia stato abbastanza leggero. Vorrei che vi fossero più morti e che il mostro fosse più insaziabile di vite umane.

Il colera avanza…

E tuttavia, trovo che va molto lentamente, troppo lentamente, e, costi quello che costi, vorrei vederlo passare attraverso quella Germania militarista e questa Francia coccardiera che gioiscono anche adesso dei recenti successi delle differenti manovre.

Sì, vorrei che la lezione fosse più crudele ancora e che, davanti al male terrificante, gli uomini apprendessero infine che devono utilizzare tutte le loro forze, tutte le loro possibilità per lottare in comune associazione contro la natura per il più grande benessere di tutti.

Sì, vorrei che gli uomini comprendessero che non è possibile disinteressarsi del male di alcuno e che un’organizzazione sociale in cui qualcuno è dimenticato porta in sé la fessura che scuoterà tutto l’edificio.

Governanti, economisti e politici, finanzieri e legislatori, voi avete scatenato il colera sull’umanità: sono le vostre cattive leggi, è la vostra avidità di guadagno, il vostro desiderio di godimento mai sazio che fanno sì che milioni di uomini siano la preda designata dell’epidemia.

Sfruttati economicamente, pecoroni polizieschi, operai ed elettori, voi avete scatenato il colera sull’umanità: è la vostra tacita accettazione, la vostra passività di fronte allo sfruttamento, la vostra rassegnazione davanti alla sofferenza, davanti alla miseria, il vostro consenso all’abiezione e alla sporcizia che fanno di voi tutti il campo in cui scorazzeranno presto i corvi della morte.

Il colera avanza…

24 settembre 1908