Letture: Zo d’Axa, Andiamo individuali…

«Andiamo- individuali, senza la Fede che salva e che acceca. Il nostro disgusto per la Società  non genera in noi convinzioni immutabili. Ci battiamo per la gioia delle battaglie e senza il sogno di un futuro migliore. Cosa ci importa dei domani che non giungeranno che tra alcuni secoli! Che ci importa dei pronipoti! E’ al di fuori di tutte le leggi, di tutte le regole, di tutte le teorie- anche anarchiche- è sin dall’istante, sin dall’ora, che vogliamo lasciarci andare alle nostre pietà , alle nostre passioni, alle nostre dolcezze, alle nostre rabbie, ai nostri istinti- con l’orgoglio di essere noi stessi». [“Nous” (Noi), in: L’en dehors, 1891].

Congegni: L’uomo sbagliato

Io sono un uomo sbagliato. Ma sono quel che sono, non importa cosa. E il gracidare di queste multicolori cornacchie altro non serve che a rallegrare la mia nobile e personale saggezza. Non udite, o scimmie apostoliche dell’umanitā e del divenire sociale, qualche cosa che rimbomba al di sopra dei vostri fantasmi? Udite!, Udite! E’ lo scrosciare saettante delle mie furibonde risate, che su nell’alto rimbomba!

Renzo Novatore

Essi stanno bene nel fango d’onde non bisogna toglierli neanche per vituperarli.

Bruno Filippi

In un angolo della stanza da un ammasso confuso di cianfrusaglie un profluvio di labari erutta come vomito coprendo di una coltre di bitume immagini familiari, figure perse nel tempo ma vive nello sguardo, lontane nelle azioni, distanti nelle intenzioni…di chi? Non capisco, perché sono li, loro, io…chi c’è nella stanza con me, qualcuno c’è; chi ha ammassato tanti ricordi, altrui ma miei e di altri, di nessuno?

Letture: Georges Henein – In mancanza di meglio…

georgeshenein27082014Comincio oggi la pubblicazione di alcuni scritti di Henein; pur apprezzando molto i testi del pensatore egiziano questi ultimi saranno scelti in base a criteri molto precisi.

Gli scritti saranno utilizzati per fornire spunti di riflessione sulla situazione attuale dell’anarchismo italiano che sta affogando nella politica più gretta appesantito dal fardello del cittadinismo e strozzato dall’avvizzimento etico perorato da un buon numero di dirigenti del partito dell’insurrezione popolare, o come magari preferiscono loro dell’insurrezione che viene.

Il primo testo in esame si intitola “in mancanza di meglio”. contenuto è talmente chiaro da non avere bisogno di troppi commenti, e se sostituiamo ad esempio al concetto di “guerra” quello di “insurrezione popolare” il gioco è presto fatto…buona lettura.


Quando ci si interroga sulle ragioni che tendono a convenire una-guerra “giusta” in una guerra ordinaria, in una guerra tout court, e più in generale quando ci si interroga sulle ragioni che sottraggono alle masse il controllo sulle cause elevate cui esse si dedicano, presto ci si trova imprigionati in un circuito allucinante. Da un lato, in effetti, l’ampiezza e la concentrazione della vita economica moderna hanno fatto di ogni partito, di ogni sindacato, di ogni amministrazione degli organismi quasi totalitari che vanno per la propria strada abbandonandosi completamente al proprio peso specifico e senza minimamente tenere conto delle cellule individuali che li compongono. Questi partiti, questi sindacati, queste amministrazioni statali moderne sono protetti contro le mosse della ragione critica (come pure contro i sussulti affettivi e le ribellioni del cuore) dalla loro sola e sovrana pesantezza. Questi edifici sconcertanti funzionano in grazia di una umanità tutta speciale, una umanità di iniziati. Per essere ammessi a presentare una mozione al termine di un congresso di un partito di sinistra che tolleri qualche scambio di opinioni, occorre un anno di manovre estremamente delicate attraverso un dedalo di segretariati e di comitati che ricordano, al punto da trarre in inganno, i misteri dell’inaccessibile Tribunale in cui Kafka – ne I! processo – lascia tremolare l’immagine indefinitamente riflessa della nostra angoscia. E se queste prove iniziatiche sono favorevolmente superate, se nessun passo falso è giunto a inibire la presentazione della mozione, allora indubbiamente il suo oggetto si sarà sufficientemente diluito per suscitare oramai soltanto un interesse retrospettivo e quasi pietà per chi si azzardasse a darle il proprio sostegno.

Affinità – L. Filisetti, “Anti-Noi”

corvaccioOgniqualvolta mi trovo ad affrontare riflessioni, a cercare di risolvere problemi, a confrontarmi con la realtà dei fatti, mi si para sempre di fronte quello che ritengo sia uno dei mali più subdoli che possa colpire l’essere umano, inteso come animale sociale e culturale. L’annullamento dell’Io. O meglio, la liquefazione dell’Io all’interno di un Noi anonimo e dai confini melliflui e indistinti. Lungi da me fare della psicanalisi, non solo non ne possiedo gli strumenti, ma non ritengo sia necessario farlo. Per descrivere questo fenomeno, basta l’osservazione attenta di una realtà che ci sta sotto gli occhi per la gran parte del tempo che impieghiamo confrontandoci con gli altri, dal rapporto di coppia fino a questioni più complesse e socialmente rilevanti. 
Il Noi è senza dubbio affascinante, ma è un concetto talmente pervasivo e pericoloso da fare paura. Viene usato per descrivere gruppi umani che decidono “spontaneamente” di unirsi e trarre forza vicendevolmente, per sostenere azioni e battaglie condivisibili o per sottolineare l’amore incondizionato tra due o più persone. Se ci si ferma all’epidermide della questione, il Noi risulta virtualmente inattaccabile, è un gesto d’amore generoso che fa si che l’Io si fonda placidamente in questo tutto, traendone in cambio forza e solidarietà reciproca. Il Noi è forte, l’Io da solo è piccolo e debole.

Congegni: lessico minimo del rivoltoso ai giorni del cittadinismo

donabboGiorni grigi, questi, dove sciacquatisi di dosso i fastidiosi residui della un tempo sbandierata coerenza -fra mezzi e fini, rivoluzionaria, ideologica e via dicendo- i novelli esegeti del post anarchismo in odor di marxismo leninismo corrono a destra e manca in cerca di seguaci e visibilità, ammiccando, piacioneggiando, contando sul pallottoliere dell’autorevolezza i propri voti nello scacchiere politico della guida dei -scusate il termine eccessivamente sguaiato- “movimenti popolari” non disdegnando di presenziare ad iniziative filoistituzionali o di marciare a braccetto con magistrati, politicanti, sindacalisti.

Affinità: Voglio complici, non comunità

Rilancio questo scritto condividendolo a pieno, conscio che per molti il suo contenuto risulterà incomprensibile e censurabile ma, ça va sans dire, in un epoca nella quale le grandi famiglie sono il nuovo dogma rivoluzionario fa piacere -ogni tanto- incontrare affini -capita sempre più raramente- o leggere testi come questo e anche ciò capita sempre con meno frequenza…

Apio Ludd
 «Le comunità… si definiscono meglio in termini di rapporti alimentari
— ci domandiamo chi mangia chi»
Marson Bates
Maledizione, quasi dovunque vada sento parlare di comunità. Sembra che sia qualcosa di cui tutti hanno bisogno, qualcosa a cui tutti devono voler dare se stessi. Nelle grandi città è facile ignorare questi appelli ad appartenere, essendo difficile per i disarmati sostenitori di comunità* introdursi personalmente nella vita degli altri. Ora vivo in una zona rurale. Ha molti vantaggi, ma la sua popolazione umana comprende troppi liberali, attivisti, benpensanti, in parole povere ficcanaso per cui la comunità è sacra, una divinità impersonale davanti alla quale questi credenti pretendono che tutti si inchinino.

Affinità: Udine, 28.2.16, Potere e classe di Dio

etienneDa Alcuni Anarchici udinesi, un’interessante riflessione:

Udine, domenica 28 febbraio 2016

C’è una parola che è stata demonizzata generalmente dal movimento anarchico ed è “potere”. Il potere è il male assoluto, lo Stato, la Chiesa, il capitale, a volte persino l’apparato tecno-scientifico, ma solo per pochi, cosa credete?: non si vuol mica essere estremisti. Una bella pasticca pronta pronta dalla Bayer (chiamarsi I.G. Farben e gasare gli Ebrei è fuori moda) ed è tutto risolto. E poi se mi eliminate anche il medico da chi andrò a confessarmi e riporre eterna fiducia? E il politico no, e il prete no, e il padrone no, e adesso nemmeno il papà di Hiroshima e di tutte le nostre comodità moderne e civili? Siete proprio dei barbari selvaggi!

Congegni: Anarchismo cacotopico

tre giovani bretoniGiro, girotondo, casca il mondo…

Così, tutti per mano, nel turbine gioioso dell’amore globale, senza pensarci troppo…

Ebbene l’amore non ha proprio confini e di amore virale deve proprio trattarsi, un’epidemia scoppiata chissà dove e che ha contagiato un buon numero di rivoltosi di ogni colore, impegnati ormai senza borghesi pudori a lanciarsi in vorticosi girotondi, tutti uniti, rossi e rossoneri, in un amplesso frontista che, ai più sensibili, provoca invero qualche imbarazzato rossore; quanto sembrano lontani i giorni dell’anno domini 1921, dove dalle campagne ucraine ai mari ghiacciati intorno a Kronstadt risuonavano i colpi della controrivoluzione autoritaria avvolta nella bandiera rossa e ancora più lontani paiono, benché cronologicamente più prossimi, i caldi giorni della Spagna del ’37 dove il sole della primavera battezzava quello che avrebbe dovuto essere un monito per tutti gli innamorati della libertà “Non si può far fronte con l’autorità, questa prima o poi, quando non servirete più e una volta raggiunti i suoi scopi, vi spazzerà via senza troppi complimenti”

ricordate il 5 maggio 1937(1)?

Congegni: Camminatore solitario

mountainQui non palazzi, non teatro o loggia ma’n lor vece un abete, un faggio, un pino. Tra l’erba verde e’l bel monte vicino levan di terra al cielo nostr’intelletto.
(Francesco Petrarca)

Osservando un panorama da un poggio lo sguardo spazia, gli orizzonti si fanno ampi, d’immenso respiro, tanto da far credere di poter abbracciare in uno sguardo tutto l’esistente più prossimo. Avviandosi però giù, lungo i pendii, i molteplici sentieri si fanno più incerti, tortuosi, là dove si era ravvisato un comodo passaggio troviamo ora intricate reti di rovi e radici, là dove pensavamo una comoda radura troviamo una selva di ginestra spinosa.

Affinità: Trieste, 26.1.16, Salvini, le povere vittime di sinistra e la celere cattivona

Dal blog Alcuni Anarchici udinesi:

Che dire, come non ritrovarsi in queste righe? Condivido volentieri…

Provo meno simpatia per gli oppressi che per gli oppressori, per le vittime piuttosto che per i carnefici. Se proprio bisogna ricoprire un ruolo in questo misero teatrino, preferisco quello del cattivo. Quanto meno l’oppressore, il padrone, ecc., sa bene da che parte sta e utilizza metodi adeguati al conseguimento dei suoi interessi, come la violenza per esempio. Il nemico è coerente. Dall’altra parte invece non si fa genericamente altrettanto e si preferisce giocare a fare le vittime e leccarsi le ferite. Poveri cuccioli.