Io sono un uomo sbagliato. Ma sono quel che sono, non importa cosa. E il gracidare di queste multicolori cornacchie altro non serve che a rallegrare la mia nobile e personale saggezza. Non udite, o scimmie apostoliche dell’umanitā e del divenire sociale, qualche cosa che rimbomba al di sopra dei vostri fantasmi? Udite!, Udite! E’ lo scrosciare saettante delle mie furibonde risate, che su nell’alto rimbomba!
Renzo Novatore
Essi stanno bene nel fango d’onde non bisogna toglierli neanche per vituperarli.
Bruno Filippi
c’è puzza, ancora più puzza, la muffa copre le pareti e sbiadisce i colori.
In un angolo della stanza da un ammasso confuso di cianfrusaglie un profluvio di labari erutta come vomito coprendo di una coltre di bitume immagini familiari, figure perse nel tempo ma vive nello sguardo, lontane nelle azioni, distanti nelle intenzioni…di chi? Non capisco, perché sono li, loro, io…chi c’è nella stanza con me, qualcuno c’è; chi ha ammassato tanti ricordi, altrui ma miei e di altri, di nessuno.
Chi ha soffocato il tuo ferrigno sguardo, Gaetano, coprendolo con il sudario color del populismo? Santino sei ora dei sacerdoti del popolo.
Renzo, Renzo! Ritto nella fierezza dell’io sapessi, sapessi! Le rane partirono e partono con il tuo nome in bocca ed il tradimento fra le dita.
Bruno a chi i tuoi diciannove anni interessarono e chi ne lorda il ricordo schizzandolo schifosamente mentre grufola nel truogolo del consenso sociale ricordandoti come martire tu, che nemmeno una sigaretta avresti acceso per loro, così lontano dalle corti del popolo.
Ombre cupe, ora che più non siete sappiate -oh! Poteste davvero saperlo, ma ormai siete meno che cenere- come si beano di ciò che foste, scongiurando la possibilità che ora qualcuno come voi sia qui ed ora. Giammai, mai capiti, dicono e si spendono.
Manca l’aria, perso nei pensieri non mi avveggo che ora proprio dietro di me si è assiepata una schiera tumultuosa odorante di paramenti liturgici ma che strani sacerdoti, suore, sagrestani, perpetue, avvolti come sono in strani drappi avìti eppure tanto diversi da quelli di cui avevo memoria -Muninn che significa ciò!?- oh! Quale strano culto: gridano “Libertà!” E Libertà violentano, gridano “brucino le chiese!” E ne edificano sulle ossa dei ribelli, gracidano contro le frontiere e tante e più solide ne ergono, fanno voto di impenitenza verso l’autorità e suggono avide poppate dalle sue mammelle velenose, “Da, Hominem, virtutem manibus meis ad abstergendam omnem maculam; ut sine pollutione mentis et corporis valeam tibi servire” è la loro segreta preghiera da vestizione, sacerdoti di Feuerbach.
Premono, spingono, vomitano, i seguaci della loro libertà a campione, i loro fetidi aliti appestano l’aria, ecco la puzza! Ecco la muffa! Ma cosa possono loro contro chi non crede, chi non cede, chi non recede? Pensano forse basti così poco perché si creda veramente che Libertà sia una meretrice pronta a darsi in cambio di una carezza sulla testa? Cosa pensereste voi cari compagni che foste di tante lunghe notti difronte a tanto scempio? Facile da immaginare. E voi, voi furfanti, voi venditori, noiosi pontificatori che volete? Il tempo corre diversamente per noi e certo non ne abbiamo da spartire con pedagogisti, preti e martiri a che pro dunque insistete? La lanterna è così vicina e la notte incombe.
M.