Non c’è motivo di dire qualcosa a un altro che non sente e non può capire.
Oscar Wilde – De Profundis.

La vostra campana che suona a morto.

Ore 3 e 27, un Venerdì.

Come state, come vi Sentite? Si dice che la speranza sia l’ultima a morire ma non sentite sempre più approssimarsi i rintocchi della campana? O sono ancora troppo confusi fra il chiacchiericcio populista, nel vaniloquio dell’andar per folle come apostoli della rivoluzione?

Che sapore ha oggi, sul palato, sulla lingua, la pietanza sociale della quale per anni vi siete cibati? Siete ancora convinti che l’annacquare il fiele della rabbia Anarchica con lo zucchero del populismo sociale abbia avuto senso?

Ora che pare sempre più evidente come il cuore del volgo sia sempre più situato in fondo a destra, come vi porrete innanzi a quest’evidenza? Educare, educare, educare, che afflato da pedagoghi…

Avrete ancora fiato per correre alla macchia e aizzare folle indifferenti?

Quanta religione c’è ancora in voi?

Quanto ancora vi sentirete dei cristi senza padri celesti?

Per quanto ancora irriderete chi non ha, da tempo, fiducia nella redenzione e nell’Eden degli sfruttati, ma comunque nel suo personale grido attacca senza speranza, spinto da una necessità bruciante ed irrevocabile? Potete dire con certezza che sia poi vano l’incedere di quei folli solitari, iconoclasti furenti, ardenti in un Maelstrom di nere fiamme?

Siamo Sinfonie in Minore, noi, depositari di una lingua incomprensibile ai più, cassandre forse, o folli visionari? Io non posso né so rispondere e del resto, come potrei? Io che non cerco risposte, ma annego nelle domande?

Ma voi, quanto ancora, quanto ancora? Quanto ancora, quanto ancora vi seppellirete sotto la pesante terra scura della folla istupidita e ben gelosa delle proprie catene? Quanto ancora?

Nulla c’è da salvare, nulla c’è da offrire, nulla se non la possibilità dell’inconoscibile, ambrosia invisa e spaventevole.

L’unica speranza e non avere speranze, gonfiare i polmoni e procedere contro il vento che sferza, privi di tutto tranne che della necessità di essere e della volontà di uscire da quell’angusto uscio, porti dove porti…