Giusto qualche giorno fa l’eroe del popolo Conte, parlando dell’incipiente tornata di consumo natalizia ha ribadito quel che da tempo si sente vomitato da più parti riguardo alla responsabilità che il popolino dovrà dimostrare durante le festività legate al genetliaco di tal Yeshua Al Nozri -Gesù per gli amici- limitando assembramenti e bagordi di vario genere che prevedano la presenza di più di 6 individui, cose già sentite, ma il nostro ha postillato che la limitazione dovrà riguardare anche baci ed abbracci che anzi andranno accuratamente evitati e tutto questo pare sia sembrato normale ai più, senza che nessuno riflettesse come il tono perentorio del “comando” rappresenti l’ennesimo passo della capillarità del controllo che -sempre più interiorizzato- diviene anche controllo non solamente accettato ma anche auto-imposto; il concetto di “controllore di sé stesso” è uno di quelli più ripetuti in questo periodo dall’ambito del dominio, sia esso politico, medico, capitalista…ebbene francamente mi interessa poco la reale incidenza del virus, come poco mi importa disquisire su come e dove si sia sviluppato, se sia o non sia così mortale, ecc…lascio queste discussioni alle partigianerie d’ogni fazione.
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L’accettazione Nichilista della finitudine
Letture: “Il ladro” di Georges Darien
[…] Poi continua, e il suo volto si accende di una luce strana, il gesto diventa ampio, la voce possente.
«Le mie idee! Una sola idea: l’idea di libertà. Ah, conosco gli sforzi di alcuni, tra l’indifferenza atterrita delle masse, per far scaturire dalla stupida atrocità del presente la grandezza dell’avvenire! Generosi tentativi che furono e resteranno senza seguito perché è impossibile evocare la realtà in mezzo all’impostura, perché per far apparire la verità bisogna schiacciare la menzogna una volta per tutte. Anime provate dal dolore, cervelli straziati dall’angoscia, voi rimarrete sterili: nel solco scavato in voi dal vomere della disperazione non germinerà nulla. Quel solco sarà la traccia priva di seme in cui rotola la ruota della tortura.
Congegni: Lode!
“Non c’è motivo di dire qualcosa a un altro che non sente e non può capire”.
Oscar Wilde, De Profundis
Lode! Lode! Lode all’anarchico/a post-modernista, post-ideologista, post-idealista! Lode a lui/Lei! Sia lode alla nuova novella dell’anarchismo ecumenico/rivoluzionario del concilio anarchista II! Lode ai/alle Libertari/e e al loro mondo multicolore e abbacinante! LODE!
Congegni: La peste.
“Io sono un uomo sbagliato. Ma sono quel che sono, non importa cosa. E il gracidare di queste multicolori cornacchie altro non serve che a rallegrare la mia nobile e personale saggezza. Non udite, o scimmie apostoliche dell’umanità e del divenire sociale, qualche cosa che rimbomba al di sopra dei vostri fantasmi? Udite!, Udite! E’ lo scrosciare saettante delle mie furibonde risate, che su nell’alto rimbomba!” Renzo Novatore.
Non riesco a sentire empatia, non ho troppa simpatia per l’umanità e questo da tempo.
Non sento pietà per un’umanità che nella stragrande maggioranza ha sempre ignorato i disastri ambientali speso difendendoli ripetendo a pappagallo la filastrocca del progresso;
non sento tristezza per un’umanità che nella stragrande maggioranza ha sempre pensato ai fatti suoi fregandosene degli ultimi e plaudendo ai ducetti di turno che sulla pelle dei dannati della terra ha costruito fortune, non rimpiango nulla per un’umanità gretta, invidiosa, arrivista, rassegnata, lacrimante un tozzo di pane.
Zo d’Axa, Andiamo individuali…
«Andiamo- individuali, senza la Fede che salva e che acceca. Il nostro disgusto per la Società non genera in noi convinzioni immutabili. Ci battiamo per la gioia delle battaglie e senza il sogno di un futuro migliore. Cosa ci importa dei domani che non giungeranno che tra alcuni secoli! Che ci importa dei pronipoti! E’ al di fuori di tutte le leggi, di tutte le regole, di tutte le teorie- anche anarchiche- è sin dall’istante, sin dall’ora, che vogliamo lasciarci andare alle nostre pietà , alle nostre passioni, alle nostre dolcezze, alle nostre rabbie, ai nostri istinti- con l’orgoglio di essere noi stessi». [“Nous” (Noi), in: L’en dehors, 1891].
Letture: Georges Henein – In mancanza di meglio…
Comincio oggi la pubblicazione di alcuni scritti di Henein; pur apprezzando molto i testi del pensatore egiziano questi ultimi saranno scelti in base a criteri molto precisi.
Gli scritti saranno utilizzati per fornire spunti di riflessione sulla situazione attuale dell’anarchismo italiano che sta affogando nella politica più gretta appesantito dal fardello del cittadinismo e strozzato dall’avvizzimento etico perorato da un buon numero di dirigenti del partito dell’insurrezione popolare, o come magari preferiscono loro dell’insurrezione che viene.
Il primo testo in esame si intitola “in mancanza di meglio”. contenuto è talmente chiaro da non avere bisogno di troppi commenti, e se sostituiamo ad esempio al concetto di “guerra” quello di “insurrezione popolare” il gioco è presto fatto…buona lettura.
Quando ci si interroga sulle ragioni che tendono a convenire una-guerra “giusta” in una guerra ordinaria, in una guerra tout court, e più in generale quando ci si interroga sulle ragioni che sottraggono alle masse il controllo sulle cause elevate cui esse si dedicano, presto ci si trova imprigionati in un circuito allucinante. Da un lato, in effetti, l’ampiezza e la concentrazione della vita economica moderna hanno fatto di ogni partito, di ogni sindacato, di ogni amministrazione degli organismi quasi totalitari che vanno per la propria strada abbandonandosi completamente al proprio peso specifico e senza minimamente tenere conto delle cellule individuali che li compongono. Questi partiti, questi sindacati, queste amministrazioni statali moderne sono protetti contro le mosse della ragione critica (come pure contro i sussulti affettivi e le ribellioni del cuore) dalla loro sola e sovrana pesantezza. Questi edifici sconcertanti funzionano in grazia di una umanità tutta speciale, una umanità di iniziati. Per essere ammessi a presentare una mozione al termine di un congresso di un partito di sinistra che tolleri qualche scambio di opinioni, occorre un anno di manovre estremamente delicate attraverso un dedalo di segretariati e di comitati che ricordano, al punto da trarre in inganno, i misteri dell’inaccessibile Tribunale in cui Kafka – ne I! processo – lascia tremolare l’immagine indefinitamente riflessa della nostra angoscia. E se queste prove iniziatiche sono favorevolmente superate, se nessun passo falso è giunto a inibire la presentazione della mozione, allora indubbiamente il suo oggetto si sarà sufficientemente diluito per suscitare oramai soltanto un interesse retrospettivo e quasi pietà per chi si azzardasse a darle il proprio sostegno.