[…] Poi continua, e il suo volto si accende di una luce strana, il gesto diventa ampio, la voce possente.

«Le mie idee! Una sola idea: l’idea di libertà. Ah, conosco gli sforzi di alcuni, tra l’indifferenza atterrita delle masse, per far scaturire dalla stupida atrocità del presente la grandezza dell’avvenire! Generosi tentativi che furono e resteranno senza seguito perché è impossibile evocare la realtà in mezzo all’impostura, perché per far apparire la verità bisogna schiacciare la menzogna una volta per tutte. Anime provate dal dolore, cervelli straziati dall’angoscia, voi rimarrete sterili: nel solco scavato in voi dal vomere della disperazione non germinerà nulla. Quel solco sarà la traccia priva di seme in cui rotola la ruota della tortura.

È tanto tempo ormai che la parola ha smesso di essere un Fatto, è tanto tempo che il Verbo è solo un’arma spuntata nella sinistra dei ciarlatani…! Eppure io continuo a sperare. La nostra epoca è così abietta, è così pavida nel rinunciare alla sua volontà, e la nostra vita, questa vita priva di ardore, di generosità, di odio, di amore e di idee, è così miserabile che forse la gente ascolterebbe un apostolo, un apostolo che avesse la volontà e la tenacia di farsi sentire. Un apostolo dovrebbe essere prima di tutto un Individuo, l’Individuo scomparso. Il giorno in cui rinascerà, chiunque sia e da dovunque venga, che sia l’Amore o l’Odio, che apra le braccia o che la sua mano impugni la spada, quel giorno il nostro universo sarà spazzato via come la pula da un’aia al soffio della sua voce. Quel giorno un mondo nuovo sboccerà sotto i suoi passi. Sarà la fine di quest’immenso convento della Stupidità assassina le cui mura, puntellate dalla paura, non riescono a soffocare i singhiozzi della vanità sgozzata e le urla della miseria divorata: questo monastero della Perpetua Rinuncia in cui l’umanità, con gli occhi bendati dall’orgoglio, s’è lasciata spingere dalla mano adunca del prete malvagio e rinchiudere dalle mani rosse del soldato; questo chiostro in cui le Folle, con la gogna della loro sovranità intorno al collo e i polsi feriti dalle manette del loro potere assoluto, ansimano prosternate davanti al loro idolo – un Idolo fatto a loro Immagine – in attesa che la loro Provvidenza, che è lo Stato, dischiuda lo spioncino da cui, di tanto in tanto, fa vedere la manna, a meno che non preferisca spalancare a due battenti l’uscita principale, quella per il mattatoio. Sì, il giorno in cui l’Individuo ricomparirà rinnegando i patti e strappando i contratti che legano le masse alla lapide su cui sono scolpiti i suoi Diritti, il giorno in cui l’Individuo, senza ascoltare i re che dicono “Vogliamo”, avrà il coraggio di dire “Voglio”, il giorno in cui, rinunciando all’onore di essere un potentato in compartecipazione vorrà essere semplicemente e completamente se stesso, il giorno in cui non reclamerà più diritti ma proclamerà la sua Forza, quel giorno per te sarà l’ultimo, o ergastolo delle Folle Sovrane dove si insegna che l’Uomo non è nulla e l’Umanità è tutto, dove la Personalità muore perché non le è consentito avere speranze al di fuori di se stessa; sarà il tuo ultimo giorno, galera dei Popoli-Re dove gli uomini non sono nemmeno più individui ma quasi oggetti – anime disperate e malsane di bambini prigionieri, devastate da sogni di deserto, sogni cupi e spopolati. Sarà il tuo ultimo giorno, civiltà del dispotismo anonimo, irresponsabile, inconsapevole e implacabile, emanazione di un potere nefasto e disumano di cui non sospetti nemmeno l’esistenza…!».

Il prete si interrompe. La sua faccia accesa dall’entusiasmo del visionario a un tratto si incupisce. Lo sento ghignare.

«Tutti pazzi, vero? Anche io. Le idee! Cerco di lottare contro questa allucinazione, ma mi accecano. Che dirvi? Che consigliarvi…? Che fare? Questo disgusto degli altri, di se stessi e di tutto, è atroce! Voi lo provate, lo provo anch’io, e come noi chissà quanti altri…! Il mondo attuale è solo abiezione. […]».

Tratto dal romanzo Il ladro di Georges Darien, 1897.