Dicembre è mese di regali e bilanci, e se il dodicesimo mese dell’anno 2014 ci portò in regalo una bella delazione da parte degli autonomi torinesi, seguita dal balbettio di buona parte del “movimento” anarchico, “solo” un anno dopo e dopo esser saltati dai binari alle tortuose stradine di montagna, alcuni sindacalisti della rivolta ci offrono un notevole bilancio utile per tutti i palati avvezzi all’ingollo compulsivo di tutto ed il contrario di tutto.
Ci troviamo dunque innanzi, in questo inverno che più assomiglia ad una primavera, ad un bilancio che più sa di furbesca giustificazione davanti alla platea sbadigliante degli “ingollatori”.
Si sa, durante le “feste” ognuno si abbuffa di quel che vuole o può.
Qualche giorno fa è uscito un testo, tanto lungo quanto povero e a tratti sfacciatamente revisionista, dal titolo “Tornanti”, ad opera dei tipi di “Macerie, storie di Torino” o, visti i tempi che furono, “Miserie, macerie di Torino”.
Perché parlare di un testo come quello appena citato, soprattutto quando è palese l’abisso ideologico e pratico che ci divide? La risposta è semplice: stupisce e continua a stupire la guizzante capacità di alcuni nel muoversi costantemente sul filo del ridicolo riuscendo spesso a risultare non solo credibili ma -per chi è alla cerca sempre preti dalle cui labbra pendere- addirittura autorevoli.
Come spesso accade nel puro stile “miserie” il testo è piuttosto lungo e ridondante e ricco di ambiguità e scivolosi non detti, nonché di un malcelata compiacenza di sé.
Se l’introduzione è trascurabile e poco interessante subito dopo troviamo l’unica parte del testo sensata ma, appunto, ridondante visto quanto se n’è parlato in questi due anni e passa trascorsi dall’attacco al cantiere di Chiomonte, ovvero l’esegesi dell’articolo 270.
Altrettanto noiosa è l’apologia della solidarietà “popolare” dove tra l’altro si omette di indagare il senso di quest’ultima, nata grazie al passivismo ideologico del quale si sono fregiati i 4 “notav” imprigionati, nonché i loro solidali; ci sarebbe da chiedersi come i “sinceri vallocratici” di movimento avrebbero valutato l’accusa e l’opportunità di solidarizzare con 4 “anarchici” ed i loro compagni se questi negli anni avessero tenuto posizioni chiare e nette sull’autoritarismo e la presenza di preti, sindaci, magistrati, e quant’altro all’interno del movimento del trenocrociato…domanda da eludere, ovvio…
Il Ridicolo…
Ebbene di qui in poi i nostri cominciano a camminare sul famoso filo.
Si inizia con la scoperta dell’acqua calda: nel movimento esiste un problema di “rappresentanza”, dovuta alla presenza fisiologica all’interno di tutte le esperienze simili, di personaggi carismatici, che non rivestono -sia mai, il movimento non lo vuole!- un ruolo di autorità ma bensì di autorevolezza, con il risultato/problema di trasformare ogni dichiarazione di questi figuri nella posizione “ufficiale” di un movimento informale che però -ed è palese agli occhi (aperti) di chiunque abbia assistito a qualche coordinamento dei comitati- nella maggior parte dei casi accetta sempre di buon grado sia le analisi che le “decisioni” di questi “leader occulti” riconoscendone e avallandone la linea.
Susseguentemente i nostri si chiedono, da bravi intellettuali di lotta: “ma sarà nato prima l’uovo o la gallina?” e la risposta è: “difficile a dirsi…” insomma i sagaci alfieri del popolarismo nel domandarsi se effettivamente le affermazioni di alcuni siano dovute alla capacità di questi ultimi di “fiutare” i movimenti dello stomaco movimentizio o se questo stomaco si muova in base al boccone preparatogli dai vari leaders la risposta è una sorta di Epoché figlia dell’evidente volontà di non approfondire una questione che potrebbe dare risposte non proprio gradite ai nostri sul ruolo ed il senso, nonché i limiti dei movimenti popolari.
La lettura di questo passo potrebbe lasciare effettivamente sconcertati coloro che negli anni hanno denunciato sia la progressiva gerarchizzazione di movimento, sia la mancanza di un elemento di critica radicale degli strumenti comunemente accettati dai più all’interno del movimento trenocrociato, fino al mimetismo delle frange di movimento anarchico più ammiccante alle masse; se certe dinamiche sono state chiare e lampanti per molti individui, per i “NOTAV anarchici” invece pare siano novità di oggi, e altro non potrebbe essere, è più facile “ammettere” di essere stati “distratti” piuttosto che riconoscere la limitatezza della tattica dell’entrismo populista e del sindacalismo della rivolta, metodi a quanto pare cari ad un certo insurrezionalismo torinese piuttosto restio all’autocritica, nonché al faismo più reazionario.
La commedia dell’arte…
Dal ridicolo si passa poi alla commedia dove i nostri, analizzando con estrema perizia la storia dell’arte sabotatoria strappandola dalle mani dei pacifisti e pacificati leaders di movimento dimostrano con sottili giri di parole come come questa non sia da ascriversi univocamente -come fu fatto a suo tempo dal Perino in una triste assemblea di popolo cui purtroppo finii per essere presente- alla tradizione di un certo pacifismo e di come comunque anche quest’ultimo non sia necessariamente contrario alla violenza, senza però entrare nel merito della spinosa questione del rapporto tra sabotaggio, attacco al potere, e appunto violenza e non violenza: “tema interessante! Ma purtroppo manca tempo e non è tema strettamente inerente alla trasmissione, ci premuriamo di prepararne una dedicata…” questo mi par di sentir risuonare nella stanza leggendo il testo…Eppure nonostante la questione sembri risultare -leggendo il testo- così chiara, c’è voluto decisamente parecchio tempo prima che i nostri decidessero di dire la loro…avranno avuto “cose più importanti” cui pensare…
Ancora più patetico è il riferimento al regalino dell’anno scorso, alla delazione ed a tutte le questioni uscite fuori da quel vaso di pandora.
L’affaire “Burabacio” viene sostanzialmente banalizzato affermando: “(…)L’obiettivo era semplice: inveire contro le azioni di Bologna e Firenze e chi le aveva sostenute, per tentare di scongiurare la possibilità che assieme a una certa pratica si diffondesse anche un certo modo di organizzarsi.” Mirabile. Non una parola sulla delazione e sul suo significato storico e “politico” ma il tentativo di limitare la questione ad un tentativo, che effettivamente c’è stato, da parte degli infami autoritari di Askatasuna di tenere stretto il timone della dirigenza tecnico/politica della parte di movimento più “radicale”. Il perché è chiaro, affrontare pubblicamente la delazione avrebbe voluto dire affrontare anche i delatori, con tutto ciò che comporta; dal dicembre 2014 ad oggi invece i nostri hanno continuato a dividere palchi, piazze, merende con gli infami senza batter ciglio, e questo per non perdere posizioni nello scacchiere politico di movimento ed anche a fronte di ciò che le discussioni nate a seguito di quelle vicende vengono nuovamente bollate come semplice polemica da stadio: “non rompere il gioco dell’equilibrio politico!” ecco il mantra che ne discende.
Potrei scrivere ancora molto riguardo a questo opuscolo, ma ritengo che sia più interessante che ognuno si faccia la propria idea e che lo legga di par suo.
A mo di conclusione…
Una cosa però mi preme rilevare. Il testo esce qualche giorno dopo la “vittoriosa” sentenza che di fatto ribadisce come i 4 cavalieri notav siano solo dei giovani irrequieti e non dei terroristi; la questione è quasi “risolta”, superata, è arrivato il momento di trarre conclusioni e togliersi qualche piccolo sassolino dalle scarpette da gran ballo popolare sfruttando ovviamente l’opportunità politica di trattare certe questioni solo a “vicenda risolta”, quindi senza più il rischio di mettere in pericolo la macchina della solidarietà che si era attivata in valle, un po come fecero a loro tempo i 4 martiri trenocrociati che aspettarono a rivendicare il loro gesto giusto il tempo che la cassazione ratificasse a mezzo sentenza che non si trattava di un’azione terroristica…
Probabilmente da questo dicembre i 4 notav torneranno ad essere “anarchici notav” e chissà cos’altro uscirà dal cilindro dei radicals in salsa trenocrociata, da par mio spero di riuscire ad essere più coerente e non occuparmi davvero più di questioni legate alla valle che non c’è, certo che però quando ti viene offerto sul menù dell’opportunismo un testo simile stare zitti è davvero difficile…
M.